Dalla fondazione alla morte del fondatore
a cura di
Maurizio Lupo
giornalista professionista: lavora attualmente
nella cronaca cittadina del quotidiano «La Stampa»
"Salve 1901. Il sole che, malgrado l'inverno,
oggi risplende sia vaticinio di luce d'amore e di conforto per le nostre anime
e non per soli dodici mesi ma per tutto un secolo". Con queste parole, scritte
il primo gennaio del primo giorno del Novecento,
Gastone Guerrieri
di Mirafiori
e Fontanafredda saluta un anno per lui molto importante. Nascerà la piccola
Vittoria, detta «Pucciùn», figlia desideratissima, che coronerà il suo
matrimonio con Margherita, moglie che Gastone adora e chiama "Daisy".
Sono una coppia felice ed
affiatata, che pare avere ricevuto tutto dalla vita. Lui è conte e benestante,
nipote della «Bela Rosin», quella Rosa Vercellana che re Vittorio
Emanuele II aveva sposato a costo di bisticciare con la ragion di stato, quale
amatissima madre di due suoi figli: Vittoria ed Emanuele, ai quali il sovrano
aveva dato titolo di conte e il combattivo cognome di Guerrieri.
Da Emanuele nacque Vittorio e da
Vittorio viene al mondo Gastone, sportivo e di battuta pronta. Parla con
correttezza francese e inglese, lingue dalle quali sa trarre le frasi più
argute per sposarle con l' humour piemontese. Ama i viaggi ed è patito
d'auto sportive, ma è anche generoso. Nessuno che bussi alla sua porta se ne
va a mani vuote. È pignolo fino al dettaglio, ma non bada a spese se un
progetto lo ritiene meritevole. Ed è sensibile ai problemi sociali, cristiano
devoto, ma non baciapile, pronto a canzonare con garbo nel suo diario certi
preti che cercano la sua benevolenza per diventare parroci a Mirafiori.
Pur essendo un aristocratico non nasconde simpatie per le lotte
d'emancipazione dei lavoratori e per la giustizia sociale. Dal nonno re ha
ereditato l'impetuosità franca, da Rosina uno spirito intraprendente, che bada
al solido e sa comunicare con le persone semplici.
Conosce la donna che diverrà sua
moglie il 13 settembre 1896, ad un pranzo, dove entrambi erano convitati. È un
vero coup de foudre, un colpo di fulmine, amore istantaneo. Lei si
chiama Margherita Boasso, figlia della buona borghesia. È una donna
delicata e sensibile, che stravede per i bambini e per la campagna. È anche
molto pia, ma non bacchettona. Ama vestire bene, con gusto e un briciolo di
civetteria. Diverrà madre con slancio e dedizione.Così Gastone, quando nel
1900 viene informato che avrà un erede, pensa che deve fare qualche cosa di
speciale per ricordare l'evento, che sia anche una sorpresa per Daisy e un
voto di buon auspicio per la nuova creatura. E decide: fonderà un asilo
per l'infanzia, per dedicarlo alla moglie «Margherita di Mirafìori». Sorgerà
nel luogo al quale è più affezionato: è un tratto di terreno che s'affaccia su
quell'ansa del torrente Sangone che in epoca barocca abbracciava i giardini e
i boschi della residenza reale preferita da Carlo Emanuele I di Savoia. Qui,
nella palazzina sorta sui resti della reggia, Rosina e i suoi figli si
compiacevano d'estate della salubre brezza che dalla val Susa spira su
Mirafìori. E qui trovarono l'estremo riposo Rosina e i suoi figli Vittoria ed
Emanuele, nel bel Mausoleo fatto costruire nel 1888 dalla famiglia, a
somiglianza del Pantheon che a Roma aveva accolto le spoglie di Vittorio
Emanuele II.
L’incarico di seguire la
costruzione dell'asilo viene affidato all'«ingegnere Vandone». Ma Gastone
sovrintende di persona ad ogni più piccola decisione. Viene concepito un
solido edificio a due piani, che radica le fondamenta proprio nel punto in cui
sorgeva la terrazza dalla quale Carlo Emanuele I di Savoia ammirava le feste,
i giochi d'acqua e i tornei cavallereschi organizzati nei sottostanti
giardini. È un luogo ameno. Verso mezzogiorno offre vista incantevole sui
boschi e sulla prospettiva alpina. A oriente confina con il piccolo parco che
circonda il Pantheon di Rosina. A ovest lo sguardo raggiunge la borgata di
Mirafiori e la sua bella chiesa secentesca di S. Barnaba, già cappella
palatina della Reggia.
Meno felice è la situazione a
settentrione. La «Bealera del re», costruita a fine Cinquecento, per portare
le acque della Dora fino ai tetti e alla residenza regale di Mirafiori,
fiancheggia e sovente inonda lo sterrato che dal borgo giunge all'asilo.
Comunque il conte non dispera in una bonifica della strada. La sollecita più
volte al Comune, specie quando va a pagare le opere d'urbanizzazione
riguardanti l'asilo.
Alla fine del 1900 i lavori di
costruzione sono bene avviati, ma non viaggiano al ritmo sperato. Il conte
avrebbe voluto inaugurare l'istituto in coincidenza con la nascita della sua
bambina, prevista per marzo. Ma c'è ancora troppo da fare. Anche se lui di
tempo non ne perde. Il 26 gennaio 1901 è a Mirafiori per fondare legalmente la
scuola: «La mattinata», scrive nel suo diario, «vola via in un baleno occupato
come sono nel trascrivere e definire lo
Statuto per l'Asilo di Mirafiori» e i suoi fini. «Scopo dell' asilo
è di accogliere e custodire i bambini d'ambo i sessi, di dare ai medesimi
l'educazione e l'istruzione civile e religiosa, fisica ed intellettuale
consentanea alla loro età, in base ai migliori metodi ed ai programmi
Governativi». Il giorno dopo si reca «da Paravia per vedere e farsi un'idea
del materiale didattico» necessario per l'asilo. «E sempre per l'asilo ci
rechiamo all'istituto delle suore di San Giuseppe: istituto tenuto con la
pulizia di una casa olandese. Queste suore mi piacciono assai. Sanno
apprezzare e comprendere non solo il sentimento religioso ma anche quello
patrio. Facilmente le prenderò per Mirafiori».
Avrà ancora tempo per cambiare
idea. Ma è inutile precorrere i tempi. Vittoria nasce il 2 marzo 1901, alle 16
e tre quarti, quando il cantiere dell' asilo è ben lontano dall' epilogo, come
le opere civiche che dovrebbero bonificare strada del Castello di Mirafiori,
la via che condurrà alla scuola materna. Il 22 marzo Gastone annota: «Alla
riparazione della strada il Municipio ha messo grandiosamente... un vecchio e
tre ragazzi! All'asilo... gran fiacca e lavoro a rilento! Domani andrò
dall'ingegnere Vandone e gli dirò: sursum corda; se si seguita di
questo passo ci vorrà quattro mesi prima di poter inaugurare questo Istituto
di Beneficienza». Per fortuna la bimba cresce di «44 grammi al giorno».
La qual cosa rallegra tanto papà
Gastone da volerla festeggiare comperando piante per l'asilo. «Alle l0»,
scrive il 25 marzo, «mi reco allo stabilimento di Frutticultura Dominici a
comperare le piante occorrenti per rendere un po' brioso il cortile del nuovo
Asilo a Mirafiori». Nel pomeriggio si reca al Cottolengo, dove è ricevuto «dal
direttore Don Ferrero, persona compitissima. Senza nulla definire comprendo
che ci porremo facilmente d'accordo nel fissare le suore Vincenzine per il
nuovo asilo». L’ 11 aprile i lavori sembrano volgere al meglio: «Il nostro
asilo fa dei grandi progressi, il tempo bello permette di lavorare
alacremente». Ma il 4 maggio gli entusiasmi sono ridimensionati: «Purtroppo mi
accorgo che non potrò inaugurare l'asilo prima dell' autunno: manca ancora
molto da ultimare: le cose fatte in fretta riescono male: converrà
pazientare». Il 18 maggio alla pazienza subentra quasi l'ira: «Mi reco a
"svegliare" l'ingegner Vandone, affinché "svegli" l'impresa costruttrice di
Mirafiori. Chissà quando sarà ultimato questo benedetto Asilo! Nel pomeriggio
ci rechiamo in vettura a Mirafiori: la strada è orribile».
Gastone appare seccato della durata
delle opere, tanto che fino a luglio preferisce non parlarne più. Finché 1'11
luglio parte con «l'ingegnere Vandone per Mirafiori in vettura. Trascorriamo
la mattinata a dare le ultime disposizioni per l'Asilo ed a spiegar tutto alle
monache del Cottolengo venute a vedere la futura loro dimora».
Vi entrano il 16 settembre 190l.
Dopo tanta attesa Gastone non pare nemmeno più molto emozionato: «Stamane le
monache del Cottolengo prendono possesso dell'Asilo Margherita a Mirafiori.
Speriamo che esse corrispondano alle buone promesse: l'educazione infantile è
cosa assai più difficile di quanto, a prima vista, possa sembrare». Ma il 4
ottobre ogni patema è superato. Tutto sembra andare benissimo: «Quaranta
iscrizioni. I locali principiano ad ornarsi. Le monache si affiatano
all'ambiente».
I bambini indossano grembiulini
azzurri, con colletto in «percalle». I locali che li accolgono sono sobri, ma
ben riforniti. L’aula scolastica ospita venti banchi e quattro lunghe
banchette. Sono rivolte verso la cattedra su predella, al fianco della quale
c'è una lavagna a cavalletto. Alle spalle dell'insegnante, in alto sul muro,
s'erge un quadro della Madonna, poco più in basso vi sono i ritratti di re
Vittorio Emanuele III e della regina Elena di Montenegro, da poco saliti al
trono.
I ragazzi si esercitano su piccole
lavagnette, ma hanno a disposizione anche un pallottoliere, un alfabetiere,
una tavola pitagorica, «17 tavole di nomenclatura», «7 tavole di lettura» e 12
sillabari. Il pranzo, con «minestra» gratuita per gli allievi poveri, è
servito in refettorio, arredato da sei tavoli e ventiquattro «panchette per
bimbi». I cibi, come esige il conte Gastone, devono essere curati al massimo.
Le verdure non mancano, l'olio nemmeno e si fa gran uso di riso e farro. La
cucina, ben dotata, vanta persino una «macchina per il caffè».
Quando la stagione è propizia i
ragazzi escono in giardino a giocare, ma d'inverno si devono accontentare
della ricreazione nel salone, arredato con fotografie e dotato di un orologio
a pendolo, che scandisce i ritmi della giornata.
Altri locali sono riservati alla
direzione e alle suore. Nella sala del consiglio d'amministrazione una serie
di fotografie appese alle pareti illustra ogni dettaglio dell' asilo. Al
presidente è riservata l'unica poltrona, alla testa del tavolo delle riunioni,
poggiato su un bel tappeto e circondato da sei sedie. L’appartamento delle
monache è organizzato per accoglierne tre. È composto da ingresso e soggiorno,
arredato con tavola, quattro poltrone, un canapè, tre sedie e una stufa.
Mentre in un unico piccolo dormitorio sono disposte tre «lettiere» in ferro
con altrettanti comodini, crocifissi e lavamani più un cassettone e due
candelieri. La luce non c'è. Se necessario, si usano candele e lampade a
petrolio.
Tutto funziona. Il 2 novembre
Gastone si reca a Mirafiori per assistere alla messa dei defunti presso il
Pantheon «con i bambini dell'asilo, tutti con la loro divisa».
E si rallegra: «Mai come quest'
anno venne tanta gente a messa al Pantheon, l'Asilo comincia a scuotere
dall'apatia questa gente...». E per la Pasqua del 1902 arrivano anche i
sussidi della Cassa di Risparmio di Torino: 260 lire. Fanno comodo.
L’allestimento dell'asilo è costato dal 1900 al 1902 più di 53 mila lire, 4983
delle quali spese per il mobilio.
L’opera comunque appare ben avviata
ed il conte, infine soddisfatto, rarefà le visite, senza perdere il controllo
di quanto accade all'asilo. Vi torna il 4 dicembre 1902 per «distribuire
biscottini e caramelle ai bimbi», che osserva con occhio critico: «Una volta
visti i dolci», scrive, «le suore non riescono più a farne uscire un' acca da
quelle zucche: i maschi poi non fanno realmente onore al mio sesso! [...] I
bimbi quest'anno non sono molto numerosi: l'ispettore scolastico pretende che
l'asilo debba divenire una... palestra di ginnastica!».
Ma il progresso presto bussa anche alle
porte di Mirafiori. E lo fa in modo spettacolare, nel 1911, in occasione dei
festeggiamenti per il cinquantenario dell'Unità d'Italia. Dalla fine
dell'inverno incominciano a giungere da Torino ingegneri, ufficiali dell'
esercito, geometri, squadre di sterratori e giardinieri che riordinano i campi
a nord di strada Castello, a pochi passi dal Pantheon e dall'Asilo. Devono
organizzare un' area di 300 mila metri quadri, che ospiterà il futuro campo di
volo di Mirafiori, dove dal 18 al 25 giugno sarà organizzata una «settimana di
gare aviatorie».
Per i ragazzini dell' asilo tutto
quell' andirivieni è una festa, da godere spesso con gli occhi spalancati
verso il cielo. Mentre il conte Gastone si augura che il nuovo
«aviodromo»
porti anche
vantaggi all'urbanistica campestre di Mirafiori. «Lastricheranno strada
Castello?». Macché! C'è solo più traffico e rumore, quello degli «apparecchi
levati in volo», che diventano sempre più numerosi, quando Mirafiori accoglie
una scuola di volo e le prime unità d'aeronautica militare.
L’asilo prosegue intanto la sua
attività, retto da un consiglio d'amministrazione presieduto da Gastone
Guerrieri e dal 1916 anche dal curato della parrocchia di Mirafiori, il
teologo Giuseppe Trossi, eletto vicepresidente. Nella conduzione dell' opera
pia si ricordano in questo periodo anche il cavaliere Marco Lardù, il cavalier
Giovanni Corrado, Giuseppe Venere e il geometra Pio Moriondo. La loro mutua e
virtuosa collaborazione prosegue durante il primo conflitto mondiale, nel
corso del quale i bambini vengono chiamati più volte a pregare e a
confezionare piccoli doni da inviare ai soldati al fronte.
Alle spese di gestione concorrono
la «Federazione asili suburbani», i «signori azionisti», le scarse rette dei
«bambini non poveri», i fondi che il Municipio versa per la refezione «dei
bambini dei poveri richiamati alle armi» e per il «personale laico». Ma per
chiudere i bilancio a pareggio deve sempre intervenire la generosità di
Gastone, nel 1919 con 961,55 lire, che salgono a 1996,50 nel 1920, per
raggiungere le 4463 nel 1921.
L’avvento del fascismo non sembra
marcare molto la quotidianità dell' asilo. Le suore tengono lontana la
politica, sotto l'egida della Curia che il 23 giugno 1927 concede all' asilo
di fregiarsi di una propria bandiera. Raccomandando che «sul drappo sia
possibilmente ricamato un segno religioso, per esempio una croce». Il borgo di
Mirafiori è sempre più legato all'istituto per il quale vengono organizzate
lotterie e sono devoluti contributi di parrocchiani. Il bilancio migliora,
Gastone non è più costretto a spendere ingenti cifre per integrarlo. Giungono
varie offerte, anche quelle del locale circolo fascista «Porcù». Il 30
dicembre 1940 il regime prescrive però «inderogabili» spese. Vuole che anche
nelle scuole materne sia installato un apparecchio radio, al fine di
diffondere un' «attività radiofonica» che fornisca «un sano spirito di
modernità ed un più intenso contatto con la vita, alla quale si vogliono
avviare le nuove generazioni per il potenziamento della nuova Italia
imperiale». Viene consigliato un «apparecchio Watt Radio a 5 valvole, del tipo
di minor prezzo». Ma l'asilo gli preferisce un «apparecchio Marelli,
Coribante, tipo 31, numero 28517» del costo di 255 lire.
Quando l'Italia entra nel secondo
conflitto mondiale l'asilo risulta «assai migliorato». «Data la sua moderna
efficienza» dal 1940 è scelto «come sede di esperimenti di applicazione dei
nuovi programmi per le scuole materne». Nel 1941 ospita 15 maschi e 23
bambine, dei quali solo sei pagano la retta. Gli altri 33 sono accolti a
titolo gratuito. L’anno scolastico prende avvio a metà settembre, «malgrado la
incertezza della situazione internazionale».
La direzione dell'istituto è
affidata alla «reverenda maestra suor Dolores», sempre sotto la vigile
attenzione di Gastone, che bada con scrupolo ad ogni necessità. Le più
pressanti sono quelle alimentari, inasprite dalla guerra. Alla mensa dell'
asilo si serve soprattutto farro, riso e lardo. Per variare il vitto bisogna
chiedere aiuto alle famiglie. Tanto che a novembre Gastone ritiene opportuno
scrivere alla direzione: «Ho ripensato a quanto mi avete riferito circa la
minestra ai bimbi, con riso e pasta portata dai genitori, non potevate
risolvere meglio le difficoltà del momento, ma io mi faccio scrupolo di
osservare le disposizioni statutarie che prescrivono la minestra gratuita agli
alunni poveri. Vorrei quindi rimborsare in denaro ai genitori, di detti
alunni, una quota corrispondente all'incirca a quanto l'Istituto avrebbe speso
nell' acquisto di generi alimentari».
Alla penuria di viveri e di carbone
da riscaldamento, sempre più caro, si aggiungono le spese prescritte per la
difesa antiaerea. Nel gennaio 1941 sul tetto dell' asilo viene installata una
sirena, che dovrà dare l'allarme in caso di bombardamenti. E nel mese di marzo
il parroco don
Umberto Sorba fa sistemare nella
scuola una statua che raffigura la Madonna della Consolata, invocata quale
protettrice dell'istituto, in «luogo a rischio», data la prossimità
all'aeroporto. I piccoli pregano la Vergine Maria ogni giorno, ma vengono
anche invitati a preparare pensierini e piccoli doni per i soldati che
andranno al fronte.
Nel 1942 la guerra raggiunge da
vicino l'asilo. È prossimo alle piste dalle quali decollano i caccia dell'
aeronautica italiana. Pertanto viene ordinata la realizzazione di rifugi aerei
che servano la scuola materna. Nel luglio 1942 ne sono allestiti due, muniti
d'illuminazione elettrica, panche, latrine, pronto soccorso e due uscite di
sicurezza. Il più piccolo dei rifugi misura 7 metri quadri e mezzo, l'altro
raggiunge i 19,5 metri quadri. Possono ospitare 50 persone di giorno e 5 di
notte. Si dimostreranno purtroppo utili.
La notte fra il 18 e il 19 novembre
del 1942 bombardieri alleati prendono di mira l'area. Le bombe colpiscono le
piste dell' aeroporto, ma per fortuna risparmiano la scuola materna. «Asilo
Mirafiori in piedi», telegrafa a Gastone il custode Giovanni Treno, in
servizio dal 1931, «ma tutti i vetri rotti e porte spalancate impossibile
funzionare». Il conte da Sommariva Perno risponde a suor Dolores: «Per il
momento chiudere finestre e porte con mezzi di fortuna. Il mio pensiero è con
Voi».
Superata l'emergenza Gastone si
rende conto che diventa sempre più necessario garantire il futuro
dell'istituto e organizzarlo giuridicamente affinché non dipenda solo dalla
privata beneficenza e «dalla Misericordia della Divina Provvidenza». Non gli
dispiacerebbe che la scuola venisse eretta in Ente morale. Ma non avrà
occasione di vedere risolto il problema in quanto la morte lo sorprende
nell'estate del 1943.
Dal 1943 ai giorni nostri
A cura di Alberto Chiara
Giornalista professionista: attualmente inviato speciale del settimanale
“Famiglia Cristiana”
Gastone Guerrieri, conte di Mirafiori e di
Fontanafredda, muore a Sommariva Perno il 6 agosto 1943. Il nipote della «Bela
Rosin» si congeda dalla vita dopo aver lasciato dettagliate disposizioni circa
l'asilo. «Se all'epoca della mia morte», si legge nel testamento, «la Scuola
materna Margherita in Mirafiori (Torino) non fosse eventualmente incamerata
nel numero delle istituzioni benefiche del Comune di Torino e dello Stato (per
questa pratica faccio speciale raccomandazione al Consiglio di amministrazione
dell'asilo), dispongo che questa pia istituzione, da me fondata nel 1901, in
omaggio alla mia amata moglie, sia continuata con la creazione in Ente morale
dell' asiloscuola, vincolando in favore dell'istituto, in titoli di Stato, un
capitale di cinquantamila lire da versarsi, con le modalità di legge sulle
opere pie, entro dodici mesi dal mio decesso». Gastone Guerrieri stabilisce
altresì che in futuro il presidente dell' asilo sarebbe stato il parroco pro
tempore della parrocchia della Visitazione di Maria Vergine e di S. Barnaba.
«Il conte
muore in piena guerra, quando l'asilo funziona a singhiozzo, un giorno sì e
due no, a seconda degli eventi bellici e della crescente penuria di generi
alimentari», osserva Maurizio Di Nasso, testimone oculare prima e protagonista
poi della vita della scuola materna. «Alla fine del conflitto, l'eredità del
conte è divorata dalla svalutazione. Pertanto la somma destinata allo scopo
non è più assolutamente sufficiente per la creazione di un Ente morale. In
base alle norme statutarie e alla volontà testamentaria del conte, la scuola
riprende gradatamente quota, gestita da un consiglio di amministrazione
presieduto dal parroco di S. Barnaba».
La vita riannoda i suoi fili. Mirafiori torna ad essere quel che
era: un paese, un borgo di neppure mille abitanti, cascine, campi, orti,
piccole botteghe all'ombra della chiesa antica e a ridosso della grande
fabbrica moderna. «L'asilo rimane là dov'è nato, nei pressi del Mausoleo della
"Bela Rosin"».C'è un'unica sezione con trenta-trentacinque bambini, se ne
occupano le suore Vincenzine della Piccola Casa della Divina Provvidenza (Cottolengo).
Il cibo è assicurato soprattutto grazie agli aiuti umanitari. "UNRA": chissà,
questa sigla dirà forse ancora qualcosa a qualcuno....
Le cose si rimettono sui giusti binari, fino al 1950. A quel punto,
però, sorgono le prime serie difficoltà. La contessa Margherita ha dissapori
con la superiora dell' epoca. Forse in seguito alle difficoltà economiche che
ogni evento bellico si trascina appresso.! decide di non concedere più gratis
l'uso dei locali ma di esigere un affitto (la cifra chiesta è di 400 mila lire
all'anno). Gli screzi si moltiplicano. Alla fine, chi ci rimette è il parroco,
don Umberto Sorba: su pressione della contessa, il Comune di Torino - che già
contribuiva, seppure in minima parte, alle spese lo esautora dalla carica di
presidente e si mette a gestire direttamente l'asilo.
Don Sorba incassa il colpo. E cerca di
fare di necessità virtù. Racconta Di Nasso: «Il parroco si dà da fare per
costruire un nuovo asilo. Un facoltoso avvocato, Carlo Marangoni, si dice
pronto a donare alla parrocchia un terreno di 2 mila metri quadrati che si
affaccia su corso Unione Sovietica, grosso modo all'altezza dell' attuale via
Farinelli. Si tratta della cosiddetta "cascina del Barba"». Tutto sembra fatto
o quasi, quando don Sorba muore. Il nuovo parroco, don Giancarlo Mariola, la
pensa diversamente dal suo predecessore. Non gli interessa il terreno dell'
avvocato, che morendo lascerà comunque dieci milioni per l'erigendo nuovo
asilo (scesi a sette e mezzo, una volta pagata la tassa di successione). Don
Mariola sceglie di costruire la scuola materna a due passi dalla chiesa. Alla
fine, l'opera risulterà costare 60 milioni del tempo. «Una, cifra
ingente, coperta per metà dal Comune, che ha interesse a moltiplicare le
scuole materne, e per metà dalla Fiat, che intende in prospettiva sbarazzarsi
degli asili interni, aperti per i figli dei dipendenti. L’amministrazione
civica, dal canto suo, non solo stacca assegni ma decide anche di fare un
passo indietro relativamente alla gestione dell' asilo che nel frattempo, non
dimentichiamolo, continua a operare nella vecchia sede».
Il disimpegno del Comune viene suggellato la sera
del 7 novembre 1956 dai soci vecchi e nuovi che si trovano per ricostituire il
consiglio di amministrazione. Il parroco
don Giancarlo Mariola è il
presidente. Il signor Giuseppe Gallo è eletto suo vice. Il ragioniere Maurizio
Di Nasso. I due consiglieri risultano essere il geometra Pier Giorgio Bellotto
e la signora Teresa Baracco, vedova Guino. C'è ancora l'originale del verbale,
con tanto di nomi e indirizzi. Un foglio solo, dattiloscritto, neppure troppo
oltraggiato dal tempo.
Ci sono concrete prospettive di potenziamento, c'è
una rinnovata cornice giuridica, ci sono i soldi: si può procedere con
determinazione. Il progetto della nuova costruzione è datato 4 settembre 1957.
Il 15 ottobre 1957. viene ritoccato. Finalmente, ecco il cantiere. I documenti
ufficiali riportano le date di inizio (15 novembre 1957) e di fine lavori (10
settembre 1958). Il nuovo asilo
che si presenta sostanzialmente così come oggi lo
possiamo vedere viene solennemente inaugurato dal presidente in carica,
don Carlo Berrino, il 21 dicembre 1958, «in una cornice di festa e di
entusiasmo, col concorso unanime di autorità e popolo», recita una pergamena
sul retro della quale si conservano - perfettamente
leggibili - le firme dell' arcivescovo di allora (cardinal Maurilio Fossati) e
del provveditore agli studi dell'epoca (Ernesto Lama). Alla manifestazione è
presente anche l'allora sindaco, Amedeo Peyron.
«L’anno
scolastico 1958-1959 è l'ultimo affidato alle cure delle suore del Cottolengo.
Nell' anno scolastico successivo, quello per intenderci 1959-1960, subentrano
le Figlie di Maria Ausiliatrice, le salesiane». Nel 1967, si completa il
secondo piano: i muratori costruiscono stanze anche là dove originariamente
c'era un'unica, grande terrazza. Nel 1971, la scuola materna viene
ulteriormente ampliata. «Cominciamo con quattro sezioni che diventano cinque
negli anni della caotica crescita di Torino e delle sue periferie, salvo
tornare quattro, come sono oggi». «Il 27 novembre 1995, un' assemblea
straordinaria dei soci decide la trasformazione della struttura da scuola
privata laica a scuola parrocchiale con proprio statuto, con soci-azionisti
impegnati a finanziare questa mirabile avventura educativa ciascuno con una
sua quota (attualmente i soci sono una quindicina), e con un proprio consiglio
di amministrazione, da rinnovarsi ogni tre anni. I dati più aggiornati?
Possiamo accogliere fino a 130 bambini, abbiamo cinque maestre in organico
(una si occupa del dopo-scuola).
La storia
sfuma. Si fa cronaca. L’asilo è sempre lì. Apre alle 8,45 e chiude alle 15,45,
salvo assicurare un servizio di pre-scuola (dalle 7,30) e di dopo-scuola (fino
alle 18). L’allegro vociare dei bambini che lo caratterizza, conforta: una
pagina dopo l'altra, la vita continua.
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